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La passerella sull'acqua di Cristo
Ultimamente, mi capita di vedere e leggere, spesso ed in rete, foto e commenti, entrambi dei più disparati (ed, a volte, anche “disperatiâ€), riguardanti la recente opera, “The Floating Piersâ€, realizzata dall’artista, bulgaro, Christo Vladimirov Javacheff, meglio noto, semplicemente, come Christo (Gabrovo, 13 giugno 1935), preziosissima personalità di spicco e fama internazionale della “Land Art†(Arte del territorio); espressione, quest’ultima, individuante e raccogliente interventi svolti, negli anni Settanta, da parte di artisti, di differente nazionalità e provenienza artistica, intenzionati ad utilizzare e trasformare, su grande scala, un luogo naturale.
Nel caso di “The Floating Piersâ€, nello specifico, 70.000 metri quadri di tessuto giallo cangiante, sostenuti da un sistema modulare di pontili galleggianti, formato da 200.000 cubi in polietilene ad alta densità , compongono un’installazione, innovativa e provvisoria, che si sviluppa a pelo d'acqua, seguendo il movimento delle onde, per una lunghezza totale di 4,5 chilometri; si tratta di un vero e proprio ponte, adagiato, appunto, sull’acqua, e collegante, per la prima volta e per 16 giorni, dal 18 giugno al 3 luglio 2016, la sponda bresciana (Sulzano -BS ) del lago d’Iseo a Montisola.
Christo, formatosi tra Vienna e Parigi, ed artisticamente influenzato, in special modo, dal Dadaismo, da Man Ray e da Joseph Beuys, sviluppa il proprio percorso artistico insieme alla sua fondamentale collaboratrice e compagna, di arte e di vita, Jeanne-Claude Denat de Guillebon (a cui è spettata, principalmente, l’organizzazione dei loro eventi artistici), nata a Casablanca il 13 giugno 1935, e scomparsa a New York il 18 novembre del 2009: insieme, Christo e Jeanne-Claude hanno rappresentato una delle coppie più note e solide dell’intera storia dell’arte.
Ecco perché sono, di base ed a prescindere, felice che si discuta e che si stia ancora discutendo - soprattutto sui social; “dimora†virtuale, in particolare, dei giovani -, al di là , poi, di ogni parere o giudizio/pregiudizio, di un artista di caratura mondiale e da manuali di storia dell’arte contemporanea, come Christo. Tengo molto a quest’ultima precisazione, considerate alcune immeritate e non meritevoli, spesso storicamente (ossia, come da storia dell’arte) sbagliate affermazioni, riguardanti l’artista e la sua arte, che risolvono Christo come fosse l’ultimo, ed il più pazzo (Christo è folle, sì; ma non pazzo!), ideatore di giostrine malfatte e ridicole, da destinare ad un luna park, ormai, da pensione.
Tant’è: Vittorio Sgarbi ha definito e finito “The Floating Piers†di Christo, affermando che si tratta, unicamente, di “una passerella verso il nullaâ€, ergendosi, così – Sgarbi -, a definire e finire, conseguentemente, il “nulla†e, quindi, inevitabilmente, il “tuttoâ€.
A Sgarbi, si è poi agganciato lo storico dell’arte, di origine francese, Philippe Daverio, accrescendo e sfottendo: «“The Floating Piers†è un’alternativa alle vecchie sagre di paese, quelle con la tenda e l’attrazione della donna cannone. È un fenomeno da fiera dei miracoli; anzi, se mettesse anche due stand all’ingresso con il tiro ad aria compressa sarebbe l’ideale! Non è arte, perché l’arte è altra cosa. L’arte è qualcosa di diverso. Qui manca l’ambiguità e la complessità dell’arte vera, oltre alla ripetibilità . Uno ascolta duecento volte la fuga di Bach o ammira per centinaia di volte il Davide di Michelangelo e ogni volta percepisce una nuova sensazione. Se uno invece salisse per duecento volte sulla passerella di Christo, entrerebbe nella categoria dei cretiniâ€.
Al di là dello sfottò, a parer mio ineducato e decisamente fine a se stesso (tanto da commentarsi da solo), verso Christo e verso i “cretiniâ€, mi chiedo sinceramente: dove, da chi e quando è stato stabilito che “ambiguità â€, “complessità †e “ripetibilità †rappresentino garanzie di valenza ed onore artistico?
Perché non possono valere, altrettanto, “evidenzaâ€, “semplicità †ed “eccezionalità â€?
A me dà tanto l’idea che le peculiarità summenzionate da Daverio, siano, soprattutto, suoi, personalissimi, pareri e sue, altrettanto personali, esperienze.
Daverio “accenna†a cosa sia l’arte; mentre, per quanto mi riguarda, ho sempre ritenuto l’arte come un qualcosa di talmente profondo e capace, molteplice e totale, da essere, irrimediabilmente e fortunatamente, impossibile da contenere, incatenare in descrizioni. Ecco perché, personalmente, provo a ragionare e studiare, piuttosto ed al contrario, su cosa non sia arte.
In ogni caso, proviamo a fornire ed a fornirci una risposta, globale, circa la “riflessione†di Daverio: “Che cos’è l’arte?â€.
Si potrebbe affermare che l’arte è ciò che, oltre ad una valenza estetica, contiene, soprattutto, un’idea, da contemplare e rappresentare. Applichiamo, adesso, come fosse una vera e propria formula matematica, quanto appena detto e quanto, inoltre, affermato da Daverio all’opera di Christo. E vediamo quale risultato viene fuori.
Anzitutto: nell’opera di Christo, che rappresenta un atto pittorico, scultoreo, architettonico nonché di urbanistica, la valenza estetica (al di là del gusto soggettivo), anzi, io parlerei, soprattutto, di un effetto, speciale, estetico, un colpo d’occhio, potente ed evidente, c’è.
Concentriamoci, adesso, sull’idea.
Christo, con Jeanne-Claude, ordinariamente, lavora sul territorio, sull’ambiente, riponendo nuova luce, e quindi curiosità ed attrattiva rinnovate, verso un elemento ambientale ormai consueto, a cui il nostro occhio ed animo sono abituati.
Nella loro filosofia artistica, Christo e Jeanne-Claude sono soliti all’atto del coprire, all’involucro/impacchettamento, temporaneo, di elementi naturali e fisici del nostro territorio, mediante materiali di riciclo, morbidi ed avvolgenti: è lo stesso involucro, usato dalla società , che svela e cela, miticizza e mistifica i propri prodotti.
Confiniamo, adesso, il nostro discorso all’opera “The Floating Piersâ€, riportandole i termini utilizzati da Daverio, e, secondo lui, facenti, di un’opera, arte: “ambiguità â€, “complessità †e “ripetibilità â€.
Daverio non ritrova ambiguità nell’opera di Christo, quando è proprio l’enigma, uno dei fattori base del “gioco di prestigio†messo in atto dall’artista: celare il lago, in questo caso, alla nostra vista e memoria, aggiungendo un elemento metafisico (se non futurista), come il ponte, denota proprio ambiguità , nonché smarrimento misto ad eccitazione, nel momento in cui, temporaneamente (ripeto, temporaneamente; perciò, in Christo, non è contemplata la ripetibilità , piuttosto l’esperienza), anche i nostri ricordi, legati a quell’elemento, inevitabilmente, si azzerano. Un’esperienza, quest’ultima, che non può che essere temporanea; altrimenti, il livello di realtà (o, almeno, della realtà che, fino ad ora, conosciamo) sarebbe totalmente e spaventosamente annientato, sfociando nel surreale o, direttamente, nell’irreale, fino a farci venire il desiderio di nasconderci in un angolo ad occhi coperti.
Dov’è la non complessità in tutto ciò?
Senza contare (ed infatti lo contiamo) che - nel caso di “The Floating Piers†- camminare su quel ponte equivale ad un ripercorrere ed avanzare di vita, di memoria e di incognito, con un’incidenza, non da poco, di natura psicologica, filosofica e religiosa.
Mi richiedo: dov’è la non complessità in tutto ciò? Dove la non finezza della poetica?
Così, Christo chiarisce, infine e finalmente, circa “The Floating Piersâ€: «Dovete avere pazienza; se avete fretta, non venite a visitarla, perché anche l'attesa è parte dell'esperienza. L'opera d'arte richiede coinvolgimento con lo spazio. Tutto, dalla gioia di togliere le scarpe e camminare a piedi nudi, fa parte del coinvolgimento. Solo una volta nella vita, camminerete sulle acque per 16 giorni, e non ci sarà mai più un altro “Floating Piers†nel mondo, dopo il 3 luglio. Questo progetto fisico non è un museo, ma un progetto reale, che riguarda le cose vere, sole, pioggia, vento: sono contento di aver visto il drappo bagnarsi, la pioggia ha donato dei colori magnifici a tutta l'opera, mostrandone la sua vera essenza. Quest'opera è una sorta di racconto della vita ed è dedicata tutta a lei, a Jeanne-Claude.
Ah, mettetevi la crema solare, perché il telo riflette molto la luce del sole ed io ne so qualcosa: guardate il mio naso scottato!».
Migliaia e migliaia di spettatori, da ogni dove del mondo, con curiosità , entusiasmo e sorpresa, hanno scelto e scelgono di camminare sulle acque, percorrendo il ponte di Christo, tanto da evidenziare, per l’occasione, l’esigenza di un intervento di risoluzione immediata, riguardante alcuni limiti della capacità di accoglienza del luogo, come il bisogno di potenziare trasporti favorenti la visita dell’opera.
In ogni caso, commenta, questo momento territoriale/storico/sociale/artistico, il prefetto di Brescia, Valerio Valenti: «Si tratta di evento imperdibile, unico nel suo genere e fantastico per il nostro territorio!».
Tra alcuni nomi, particolarmente noti, che hanno fatto esperienza dell’opera di Christo: l'economista americano e premio Nobel 2001, Joseph Stiglitz, nonché Brad Pitt.
Nel frattempo, e fino al 18 settembre, il Museo di Santa Giulia di Brescia sta presentando la mostra «Christo and Jeanne-Claude. Water Projects», curata da Germano Celant ed esponente studi, disegni e collage originali, modelli in scala, fotografie dei progetti realizzati, video e film relativi ai monumentali progetti di Jeanne-Claude e Christo, legati all’acqua, dal 1961 ad oggi.
Concludendo, a questo punto ed a proposito di “cretiniâ€, mi torna alla mente un’espressione del giornalista, pittore, disegnatore ed editore, Leopoldo Longanesi (Bagnacavallo, 30 agosto 1905 – Milano, 27 settembre 1957), che affermava: “Era così cretino che cercava nella Bibbia l’indirizzo di un buon albergo in Palestina…â€.